Avviso agli utenti Fastweb : problemi SPAM.

Buona parte dei server SMTP di Fastweb sono ancora nelle blacklist di SpamCop. Anche Tiscali, AOL, Microsoft e Yahoo hanno iniziato il blocco. Per ridurre il problema abbiamo riconfigurato i server per accettare le connessioni indiscriminatamente dai server SMTP di Fastweb.

Non e’ una situazione ideale quindi preghiamo tutti gli utenti Fastweb di contattare il loro servizio assistenza per sollecitare una risoluzione DOVEROSA nei confronti dei loro clienti che oramai sono già tagliati fuori da molte reti SMTP di rilievo.

Si avverte che tale situazione può comportare la mancata consegna dei messaggi di posta in uscita indipendentemente dai nostri server ma in base alle regole antispam standard che si potrebbero trovare configurate nei mail server dei destinatari.

Si consiglia di utilizzare sempre l’IP pubblico e non il NAT di Fastweb che è la causa della maggior parte dei problemi di falsi positivi.

Quattro conti in tasca ai professionisti Web. Perchè un sito internet non può costare 200 euro.

Girovagando per la rete spesso si è invogliati ad approfittare di quelle invitanti offerte in cui pubblicizzano la realizzazione di siti web a cifre molto economiche che si aggirano sui 200/300 euro o anche meno.

Ci sembrano prezzi privi di ogni giustificazione e privi di ogni fondamento logico quando la logica di base è quella di fare business e non di essere samaritani o kamikaze.

Prima di preventivare un prezzo ad un cliente dunque sarebbe opportuno e saggio chiedersi : quanto costa un’azienda che lavora nel web ?

Ecco in aiuto dunque uno spunto rielaborato, preso in prestito dal forum di Giorgio Taverniti, in cui si fanno “i conti in tasca” alle aziende che lavorano in campo multimediale/web.

Un’analisi rapida ma non banale sui costi che deve sostenere un’azienda da cui estrapolare criteri validi da considerare nello stilare un preventivo e nell’applicare un tariffario servizi.

Esso si riferisce naturalmente a chi lavora nel settore per professione e non per diletto o passatempo o per arrotondare altre entrate.
La situazione va analizzata con oggettività partendo da alcuni presupposti fondamentali che ogni azienda dovrebbe tenere in considerazione a prescindere dalla professione svolta.
Prima di tutto bisognerebbe ragionare pressapoco in questo modo: se la mia azienda (Web Agency) dovesse pagare una persona (perchè io non ho tempo oppure perché ho fondato l’azienda ma non ho le capacità tecniche), quanto mi costerebbe questa persona?
Lo vediamo subito (prima costo annuale, poi diviso x ora):
  • Costo stipendio = 1200 al mese per 13 mesi (il minimo per una persona preparata)
  • Incidenza fiscale e contributi circa 60% = 720 euro al mese per 13 mensilità
  • Investimenti (computer, programmi, ecc…): 4000 euro da ammortizzare in 2 anni = 2000 euro ogni anno
In pratica il nostro collaboratore (O NOI STESSI) ci costerà circa 27000 euro x anno.
Si ho detto noi stessi perchè noi andremmo pagati come se fossimo dei dipendenti dell’azienda, anche se è nostra. L’utile aziendale è un’altra cosa.
Mediamente una persona costante che lavora cinque giorni alla settimana per otto ore va a lavorare circa 1700-1800 ore per anno (tolte ferie e permessi).
Quindi se dividiamo 27.000/1.800= 15 euro di COSTO orario. Naturalmente andrebbero considerati anche i periodi morti che potrebbero capitare, i permessi malattia,  maternità, ecc…
A questo punto l’azienda deve avere il suo margine e deve ricaricare i 15 euro per un coefficiente che andrà a coprire tutti i costi generali e a generare l’utile d’impresa che poi sarà tassato.
Precisiamo che RICARICO è diverso da MARGINE:
  • un ricarico del 40% significa un margine del 28,57%. Es. un costo di 100+40%=140. In questo caso il margine si ottiene dividendo il margine di 40/140(il prezzo di vendita)x100 = 28,57%
  • un ricarico del 50% significa un margine del 33,33%. Es. un costo di 100+50%=150. In questo caso il margine si ottiene dividendo il margine di 50/150(il prezzo di vendita)x100 = 33,33%
Un’azienda sana che si possa permettere INVESTIMENTI per attrezzature e FORMAZIONE per fornire un servizio professionale non dovrebbe scendere sotto il 30% di margine (NON DI RICARICO!) sul proprio CORE BUSINESS. I servizi accessori possono seguire logiche diverse.
Alla fine, per avere un margine orario del 33%, dobbiamo vendere l’ora ad almeno 22,50 euro.
Ovvio che se abbiamo dei costi aziendali + alti (es. ufficio, telefono, luce, segretaria) va considerato e il costo si alza!
A questo punto ognuno si può fare i propri conti, aggiungendo eventuali servizi aggiuntivi, considerando che esistono imprevisti, spese di malattia, spese da sostenere in ambito legale, il rischio di impresa, insolvenze, ecc…
Per qualsiasi azienda è PERICOLOSO non fare questi conti. La maggior parte delle aziende che chiude, non è per sfortuna, ma perché tralascia questi elementari conti.

WordPress.com acquisisce Windows Live Space

La piattaforma per blog di Microsoft Live Space, nata nel 2004, alza bandiera bianca, si arrende a WordPress e cede tutti i propri account. Entro Marzo 2011 tutti i blogger di Live Spaces dovranno passare obbligatoriamente alla piattaforma WordPress.

Una grande vittoria per WordPress che si dimostra essere sempre di più la migliore soluzione per la gestione di blog e siti web. Addirittura Live Spaces che conta più di 30 milioni di utenti ed è un progetto del colosso Microsoft ha preferito chiudere gli investimenti nello sviluppo e attivare una partnership con WordPress per tutti i propri clienti.

Fra le motivazione del passaggio, il responsabile del progetto Live Spaces Mehta indica: le caratteristiche avanzate del CMS, la sua scalabilità, l’elevata protezione dallo Spam (del plugin Akismet) e l’elevata possibilità di customizzazione di moduli e template grafico.

Oltretutto va anche evidenziato che questo passaggio significa un’ulteriore vittoria dell’accoppiata (o meglio TRIO) Apache, PHP e MySQL sui suoi corrispettivi concorrenti e rivali Microsoft IIS, ASP e SQL Server.

Considerando che aziende del calibro di Amazon, Google, e Facebook hanno incentrato il loro business su PHP & MySQL snobbando totalmente le soluzioni Microsoft, si può dire con orgoglio che l’open source funziona !

IT e Italia: ancora in crisi servizi, hardware e software.

Assintel parla chiaro: il settore IT italiano non è uscito dalla crisi, e continua a soffrire di un calo di fatturato e richiesta che in altri paesi europei e in Nord America le aziende si sono lasciate già alle spalle.Un calo del 7.6 % nel corso del 2010 per il comparto dell’Information Technology italiano.

A pesare di più sono il mercato hardware, che registra un calo del 18,6% e quello dei servizi IT, che tuttavia contiene le perdite, con un calo del solo 3,8%.Giorgio Rapari, presidente di Assintel non ha usato mezze parole per esprimere la sua preoccupazione di fronte ad un contesto che ci vede migliorare molto lentamente: “I numeri della crisi dell’IT italiano ci dicono che il nostro sistema sta arrivando ad un punto rottura: occorre cambiare registro, puntando su una vera e complessiva Innovazione di tutta la struttura socio-economica. Per fare questo serve un nuovo modello di coesione, a partire dalla rappresentanza imprenditoriale per arrivare ad un nuovo patto sociale per la crescita. E la politica deve fare la sua parte“.

Siamo fermi ad un fatturato complessivo del settore di 19,721 Miliardi di Euro, 1 miliardo di Euro in meno rispetto al 2009. La spesa delle aziende cala, in attesa che l’economia del paese riprenda a marciare. Unico dato positivo sembra giungere dal mondo software, che fa registrare un netto 2.4% in più.

Ad essere colpito maggiormente il settore business, non quello consumer, che pur con una crescita inferiore agli anni scorsi, perde meno e soprattutto ha più speranze per una rapida ripresa. Serve innovazione per uscire dalla crisi dell’IT italiano, soprattutto di fronte agli altri paesi europei, rispetto ai quali registriamo una crescita peggiore e soprattutto una lenta risalita dalla crisi che colpisce tutti i servizi legati all’information technology.

Aprire o non aprire un ecommerce ? Questo è il dilemma.

Il mercato dell’ecommerce è un mercato sempre in forte crescita. I rischi sono molti però ed i risultati non sono mai certi pur essendo facilmente abbagliati dalle potenzialità del commercio elettronico, se non si pianifica a puntino tutto ciò che è bene fare e non fare.
Detto questo, si può dire che non esiste di fatto un “momento giusto” ma piuttosto un “modo giusto“.

Che succede in Europa ?

Secondo la ricerca del Centre of Retail Research commissionata da Kelkoo, le vendite online sono salite del 22% in Europa nel 2009 e dovrebbero salire del 20% nel 2010.
In Francia il picco è salito addirittura del 33% confermando quello che sembra essere una nuova tendenza europea.

E in Italia ?

Il nostro paese manco a dirlo risulta agli ultimi posti in classifica.  Se ad esempio in Gran Bretagna il 9,5% delle vendite sono state online, in Italia siamo ad uno scarso 0,8%.

Come mai tutta questa differenza ?

Essenzialmente i motivi possono essere ricercati in due fattori :

Psicologico e tecnologico.

Psicologico perchè è vero che essendo un paese “vecchio” (nel senso buono del termine) molti degli acquisti vengono fatti alla vecchia maniera recandosi di persona dal solito venditore di fiducia da cui ormai dopo anni di fidelizzazione siamo magari anche amici preferendo (anche giustamente a volte) spendere qualcosa di più pur avendo il sollievo di un buon consiglio e la sicurezza di evitare grattacapi nella fase post vendita.
Oltretutto è ormai luogo comune che la rete sia insicura e che gli acquisti online siano spesso sinonimo di truffe, raggiri, fregature e mancanza di assistenza nel caso ci fossero inconvenienti una volta recapitata la merce.

Tecnologico perchè se è vero che un ecommerce si basa per sua natura su Internet è altrettanto vero che siamo un paese “del terzo mondo” in ambito di banda larga, con un digital divide enorme in cui si fa prima a “non usare internet” piuttosto che essere costretti a navigare snervantemente con connessioni dialup 56k.

Emerge dunque che la “tradizione” unita ai motivi psicologici e tecnologici portano l’imprenditore a fare scelte drastiche e spesso errate.

  1. La prima sbagliata è quella di non allestire un ecommerce.
  2. La seconda sbagliata è quella di allestirlo scegliendo soluzioni improvvisate e non professionali (risparmiando sui costi) che già al primo impatto non danno quella sicurezza e professionalità che il cliente ESIGE quando deve far fiducia a chi ancora non conosce.

Presentarsi con un ecommerce valido, funzionante, piacevole graficamente, ovvero PROFESSIONALE e non di carattere amatoriale è il primo passo verso un progetto che miri al successo.

Offrire solo dei prezzi vantaggiosi al giorno d’oggi non basta. Per conquistare la fiducia dei clienti bisogna puntare soprattutto sulla sicurezza e sulla semplicità dell’interazione tra l’utente e il sito.

Posta elettronica certificata – PEC del Governo : un fallimento in partenza.

E’ di ieri Lunedì 26 Aprile la notizia andata in onda su tutti i TG dell’avvio della Posta Elettronica Certificata (PEC) Nazionale fornita gratuitamente dal governo ad ogni cittadino.

Onde evitare di “riesumare” i vecchi (ma sempre attuali e corretti) discorsi su come questa iniziativa sia stata gestita MALISSIMO e tirare in ballo problematiche non banali sia
dal punto di sicurezza :

sia di problematiche burocratiche che a mio avviso si possono inquadrare in una forma di concorrenza sleale nonchè CLIENTELISMO dei “soliti ignoti”

tramite bandi con requisiti impossibili da raggiungere per ogni piccola/media/grande azienda che attualmente fornisce hosting e servizi internet nel panorama italiano.

e sia del protocollo del tutto “privato” e valido solo in Italia e non nella comunità europea

oggi mi sono limitato semplicemente a raggiungere il sito www.postacertificata.gov.it con l’intento di registrare una casella di posta elettronica certificata.

Inutile dire che tentando a cadenze ripetute di diversi tentativi ogni mezz’ora circa dalle 14 di ieri pomeriggio sino ad ora l’unico messaggio che un utente riesce a ricevere
tentando l’iscrizione è quello seguente :


Inutile dire che un servizio del genere è stato lanciato da sprovveduti (gli stessi di italia.it costato 45 milioni di euro e finito nel nulla) che sicuramente non hanno saputo bilanciare l’accesso concorrente di eventuali richieste contemporane dei cittadini o ben peggio il sistema non è mai partito e fino ad ora è tutta una farsa dato che mi risulta difficile pensare che alle ore 01:00, ora che pubblico questo post ci siano chissà quanti utenti connessi a fare richieste internet banali al loro portale, considerando che siti pesanti come Repubblica, Rai,  Poste Italiane e mostri come Youtube non fanno una piega di fronte a traffico facilmente calcolabile in almeno 100 volte quello che potrebbe esserci su www.postacertificata.gov.it

Giriamo il coltello nella piaga ricordando tristemente il logo di italia.it pagato ben 100 mila Euro che a mio avviso è scopiazzato dal logo della Logitech ed ha un valore commerciale di mercato non superiore ai 2000 euro nella migliore delle ipotesi.

Personalmente ho realizzato loghi di impatto e tecnicamente molto più complessi per un centesimo di quello che è stato pagato per il logo di Italia.it

Come sempre le istituzioni che dovrebbero migliorare la vita a noi cittadini in realtà investono (sprecano) risorse presso i soliti CLIENTI con gare d’appalto non permissive, requisiti assurdi e magari pagando 100 volte tanto quello che normalmente sarebbe il prezzo di mercato in un vero e onesto libero mercato.

Se l’Italia va male è anche e sopratutto colpa di questi cialtroni buoni a nulla che con la scusa di migliorare la NOSTRA vita migliorano solo la LORO e quella dei LORO clienti.